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“Le radici materne dell’economia del dono”, Genevieve Vaughan

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Le madri sono abituate a dare sostentamento gratis.

Da bambini infatti non possiamo dare alcun ritorno, perciò è compito della madre fare attenzione ai nostri bisogni e trovare il modo di soddisfarli.

Secondo l’autrice di “Le radici materne dell’economia del dono” è verso i 3-4 anni che iniziamo a capire che se diamo per primi qualcosa potremmo ricevere qualcos’altro in cambio. Una logica, spiega Genevieve Vaughan, molto diversa dal dono.

L’economia dello scambio, a differenza del dono, è infatti fondata sull’utilitarismo: do per avere qualcosa. Un sistema che conosciamo bene e che ha portato alla difficile situazione in cui ci ritroviamo oggi ossia un sistema parassitario che arricchisce i molti sulle spalle dei pochi e che trae profitto proprio dal dono.

Un’alternativa c’è ed è possibile per questo l’autrice condivide le esperienze dei popoli indigeni del Nord e del Sud del mondo dove i valori materni sono ancora al centro della società sia per gli uomini che per le donne. 

Leggine un estratto…  

“Siamo forse alla fine? Che cosa possiamo fare? Von Werlhof (2011) sottolinea come una reale alternativa al patriarcato capitalista debba necessariamente essere “profonda”, altrimenti è destinata a fallire. Per questo dobbiamo riconoscere le radici mortali di questo sistema a tutti i livelli della società, della storia, della vita individuale e del pianeta. L’alternativa deve essere non-capitalista e non-patriarcale, incentrata sui resti della cosiddetta “seconda cultura”, una cultura matriarcale e basata sul dono all’interno della società patriarcale senza la quale non potremmo sopravvivere (von Werlhof 2011).

Per quanto queste rimanenze siano state rese invisibili agli occhi della maggior parte di noi attraverso la violenza, possono ancora ritrovare visibilità ed essere riportate alla consapevolezza. Immaginate un mondo in cui non si diano e non si ricevano doni, in cui non ci siano cure materne o accudimento: un simile mondo crollerebbe all’istante, la sopravvivenza sarebbe impossibile. Per poter sopravvivere dobbiamo lasciarci alle spalle la mega-macchina e riconnetterci alle pratiche materne datrici di vita in ogni dimensione della vita: lasciare per vivere!”

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