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La buona moneta, ovvero come azzerare il debito pachiderma


di Fausta Chiesa (Il corriere, 9 maggio 2018)


– Il debito pubblico italiano viaggia sui 2.256 miliardi e le regole europee ci impongono di ridurlo drasticamente. Ma come? La proposta «forte» dell’economista Dacrema: «Una valuta parallela». Se ne discute il 14 maggio a Milano.

Come convivere felicemente con un elefante che pesa 2.256 chilogrammi, anzi pardon 2.256 miliardi di debito, cioè il debito pubblico italiano? È il tema sul quale Bankitalia è intervenuta il 9 maggio nell’audizione sul Documento di economia e finanza, mettendo così in evidenza il grande rimosso dell’intera discussione post elettorale fra i partiti. Il vicedirettore generale, Luigi Signorini, ha infatti ricordato che il debito pubblico italiano nell’eurozona è inferiore solo a quello greco e che supera rispettivamente di 68, 35 e 34 punti percentuali quello dei suoi vicini di casa, ovvero Germania, Francia e Spagna. Per Bankitalia, non c’è alcun rischio imminente ma tenere conto della capacità di assorbimento dei mercati è obbligatorio. E riportare il debito pubblico su un percorso di «stabile e duratura riduzione» è indispensabile.

Già, ma come? Una proposta fuori dal coro l’ha fatta un economista – Pierangelo Dacrema, docente di Intermediari finanziari all’Università della Calabria – che non è nuovo a lanciare idee contro corrente: basti ricordare il libro «La dittatura del Pil». Ora Dacrema esce con il libro (in versione cartacea e ebook) «La buona moneta». La buona moneta sarebbe emessa a rimborso dei titoli del debito pubblico dello Stato italiano – essenzialmente BOT, CCT, BTP – in una nuova valuta a corso forzoso in Italia a partire dalla più vicina possibile data futura, con un rapporto 1 a 1 sull’euro. La gestione della circolazione della nuova valuta, della quale non sarebbe quindi prevista una versione “contante”, né cartacea, né metallica, sarebbe riservata al sistema bancario. Inoltre, non potrebbe essere investita in attività finanziarie. Avrebbe corso forzoso: nessuno potrebbe rifiutare pagamenti.

Se la conversione cominciasse subito – calcola Dacrema – permetterebbe di abbattere 480 miliardi di debito nel biennio 2018-2019 e di scendere al 60% del Pil in sei anni. Altrimenti, come rispettare il «Fiscal Compact», con cui l’Italia si è impegnata, per il prossimo ventennio, a ridurre il debito di una cinquantina di miliardi l’anno? Il dado è tratto, chi vorrà raccoglierlo? Intanto, se ne parla. Un’occasione è la presentazione del libro lunedì 14 maggio a Milano (ore 18, Biblioteca Sicilia), con l’autore e Renato Mannheimer.