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«In fin dei conti sei arrapato…». Voci (maschili) dai bordelli legalizzati


(La 27esima ora, 3 marzo 2019)


– Pretty Woman un mito da sfatare

Il 1 febbraio la Francia, dopo 6 anni di indagini e dibattiti, ha sancito la costituzionalità della legge del 13 aprile 2016, approvata da una maggioranza trasversale in Parlamento, che ha introdotto la criminalizzazione dell’acquisto di sesso, ha decriminalizzato le persone prostituite e ha creato programmi di uscita, politiche di protezione e sostegno per le vittime di prostituzione, sfruttamento sessuale, induzione alla prostituzione e tratta. In Italia torna ciclicamente la discussione intorno alla legge Merlin, sulla opportunità di riaprire le case chiuse e legalizzare la prostituzione. Il 5 marzo la Corte Costituzionale terrà una pubblica udienza sulla legittimità della legge nella parte che riguarda il favoreggiamento e il reclutamento della prostituzione, legata al processo Tarantini. E intanto, a inizio febbraio, è stato presentata un disegno di legge che mira a istituire in ogni comune un albo professionale delle prostitute, garantendo il rispetto del diritto alla riservatezza delle interessate.

Julie Bindel«Ilmito di Pretty woman . Come la lobby dell’industria del sesso ci spaccia la prostituzione»VandA | Morellini 17.90 euro
Julie Bindel«Ilmito di Pretty woman . Come la lobby dell’industria del sesso ci spaccia la prostituzione»VandA | Morellini 17.90 euro

In attesa che la Consulta si pronunci sulla costituzionalità della legge Merlin, fortemente difesa da molte associazioni femministe al grido di #IosonoLinaMerlin pubblichiamo alcuni estratti del libro-inchiesta della giornalista inglese Julie Bindel, scrittrice e militante politica. Titolo: Il mito Pretty Woman. Come la lobby dell’industria del sesso ci spaccia la prostituzione, pubblicato in Italia da VandA.ePublishing con Morellini editore, è la prima indagine globale sulla prostituzione, con dati e testimonianze raccolti in 40 paesi, città e stati fra Europa, Asia, Nordamerica, Australia, Nuova Zelanda e Africa. Julie Bindel è il 6 marzo a Milano dove tiene una lectio magistralis, alla 18.30 in Fondazione Giangiacomo.
A seguire un selezione di pagine dal volume

Il mito Pretty Woman. Come la lobby dell’industria del sesso ci spaccia la prostituzione

La lobby pro-prostituzione raramente parla della prostituzione tradizionale, quella in cui un uomo dà dei soldi a una donna per accedere all’interno del suo corpo allo scopo di ottenere un piacere unilaterale. E non parla neppure del sesso che concretamente viene messo in atto. Ho sempre sentito le sopravvissute, o donne ancora in prostituzione ma che vorrebbero uscirne, parlare di cosa è davvero il sesso che si fa. A differenza della lobby pro-prostituzione, i cui membri parlano di “sesso sicuro”, le donne che ho intervistato raccontano i dettagli. Parlano dell’odore tremendo dei compratori, del dolore di una vagina disidratata e ulcerata che viene penetrata da una molteplicità di uomini. L’orrore di avere lo sperma o altri fluidi corporali vicino alla faccia. La barba che sfrega sulla guancia fino a farla sanguinare, il collo dolorante a forza di girare la testa di colpo per allontanarla dalla lingua che cerca di baciarle. O di non riuscire a mangiare, a bere o a baciare i figli per via di quello che hanno dovuto fare con la bocca. Di come il braccio e il gomito fanno male per avere disperatamente cercato di farlo venire per non essere penetrata un’altra volta. In seguito alla conferenza di Brighton del 1996, quando ho sentito le sopravvissute parlare di cosa davvero succede nella prostituzione, e dato che conoscevo nei dettagli gli abusi subiti da Emma Humphreys durante gli anni passati nel mercato del sesso, ho cominciato a chiedere alle cosiddette attiviste per i “diritti delle sex worker” che si esprimevano con tanta convinzione di descrivermi esattamente cosa facevano per vivere. Tutte, senza eccezione, sollevavano obiezioni a questa domanda, nonostante insistessero che si trattasse semplicemente di un lavoro come un altro ( Cap 3 pp. 91)

Divieto di sorridere

Dennis Hof, un personaggio che abbiamo già incontrato, è un pappone popolare che si vede spesso in tv nella serie Cathouse, un programma di propaganda per il mercato legale del sesso. È proprietario del Love Ranch nella contea di Nye e del famoso Moonlite Bunny Ranch, poche miglia a sud di Carson City, nel Nevada, e di altre attività legate alla commercializzazione del sesso. Hof dichiara di essere un attivista impegnatissimo contro la tratta. A sentire lui, non c’è stupro né tratta né Hiv né alcuna forma di attività illecita nei bordelli che operano in regime di regolamentazione. Nei suoi bordelli le donne hanno il divieto di sorridere, giocherellare con i capelli o dare l’impressione di “spingere” la vendita delle loro prestazioni, perché si tratterebbe di competizione sleale.

I compratori di sesso sono uomini dall’aspetto ordinario, di tutte le età e in generale sufficientemente presentabili da poter rimorchiare una donna in un qualunque bar. Hof sostiene che legalizzare i bordelli serva a prevenire la diffusione dell’industria illegale. Sta di fatto che i bordelli illegali stanno aumentando in Nevada, come del resto in ogni parte del mondo in cui sono stati regolamentati. L’industria della prostituzione illegale, secondo indagini del governo statunitense, è, in questo stato, già nove volte maggiore di quella dei bordelli legali.

Il bordello Love Ranch di Hof è a un’ora d’auto da Las Vegas. La costruzione è circondata da un muro molto alto sormontato da filo spinato. Parlo con diverse donne, la maggior parte delle quali vive nel bordello per settimane e a volte per mesi senza interruzione, spesso senza vedere un cliente per giorni. Lance Gilman è un agente immobiliare miliardario proprietario di due bordelli, tra cui il Mustang Ranch, a proposito del quale dice con orgoglio che s’ispira al modello di una prigione. Mi dice anche di avere l’abitudine di riferirsi alle donne che vi lavorano chiamandole “le detenute”. I bordelli vengono gestiti dalla sua partner, Susan Austin. “Appena legalizzi, si scatenano i predatori”, afferma Gilman. “Bisogna stabilire delle regole. Abbiamo una scuderia di mille donne. Se Susan non gestisse questo posto con il pugno di ferro, finiremmo presto per perdere il controllo.”

Come succede nella maggior parte degli altri bordelli, le donne non possono uscire senza il permesso del gestore e, quando lo fanno, sono accompagnate da un assistente sfruttatore. Gli sfruttatori legali non sono contrari alla vendita di donne con disabilità mentali. Al Mustang Ranch ho potuto parlare brevemente con Sindy, anche se Austin non mi aveva dato il permesso di intervistarla. Austin me l’ha descritta come “una bambina di 9 anni intrappolata in un corpo di adulta”. A quanto mi ha raccontato, Sindy era cresciuta in una famiglia affidataria ed era stata venduta al bordello dal padre del suo ragazzo mentre questi era in prigione, con una condanna a dieci anni per detenzione di immagini di violenze su minorenni.

Sindy, che aveva 22 anni al momento del nostro incontro, era stata insieme a quel ragazzo da quando ne aveva 12. Austin aveva assunto il controllo della gestione dei suoi guadagni e affermava che lei “si rifiutava” di mandare gli assegni al padre del ragazzo. Molte donne nei bordelli legali hanno due sfruttatori: il gestore manda i guadagni della donna prostituita direttamente alla persona che l’ha consegnata al bordello. Racconta Austin: “Ho chiamato le ragazze in riunione e gli ho detto: stiamo tirando su una bambina che non crescerà mai. Quando Sindy si diverte [cioè rende servizi sessuali a un compratore], una delle ragazze si siede nel bagno della stanza accanto, per assicurarsi che l’uomo non se ne approfitti quando si rende conto di chi ha per le mani”.

Chiedo perché, data la disabilità e la vulnerabilità di Sindy, non si faccia alcun problema a prostituirla. Austin mi dice di avere stretto un patto con le altre donne, che hanno accettato di badare a lei, “atrimenti finirebbe sulle strade della Florida”. Pare che non ci sia alcuna legge in Nevada contro la prostituzione di donne con disabilità mentali, e perché mai dovrebbe esserci? Dopo tutto, con la regolamentazione è diventato un lavoro come un altro. ( Cap. 4 pp. 127/128 )

Voci dai bordelli

Cosa dicono gli uomini
“Pago per il sesso perché posso. Portare una donna fuori a cena mi costa soldi, e allora perché no? Perché è una mia necessità e così lei può dare da mangiare ai suoi figli. (Un uomo che paga per il sesso, Amsterdam) (Cap 5 p. 168)
In quanto femminista radicale, vengo spesso accusata di sostenere che “tutti gli uomini sono potenziali stupratori”. Niente potrebbe essere più lontano dalla verità: le femministe radicali non pensano che i bambini nascano programmati per compiere atti di violenza contro le donne, come non credono che le bambine nascano per diventare vittime. Ciò che noi crediamo è che nel patriarcato agli uomini si attribuisca potere sulle donne e che un modo per esercitare quel potere sia essere violenti verso le donne. Per usare le parole di uno dei compratori di sesso incontrati a Londra: “Se non mi fosse possibile fare sesso con una prostituta e fossi frustrato, potrebbe capitarmi di uscire e assalire una donna vera”. La “donna vera” a cui l’uomo si riferiva è una donna non prostituita. (Cap. pp. 174)

Di seguito alcuni commenti espressi dagli uomini intervistati a Londra. Non ho scelto volutamente i peggiori, li ho semplicemente organizzati per categorie, in modo da mostrare la gamma di atteggiamenti problematici sviluppati dagli uomini che considerano il sesso con le donne un bene di consumo.
Donne prostituite come prodotti
• “Mi sono fatto una lista mentale. Mi sono detto che andrò con razze diverse, per esempio giapponesi, indiane, cinesi… Una volta che ci sarò stato, metterò un segno di spunta. È un po’ come la lista della spesa.”
• “Puoi scegliere, come su un catalogo.”
• “Selezionare e comprare ha qualcosa a che vedere con il dominio e il controllo.”
• “È come andare a bere qualcosa. Non fai niente di illegale.”
• “Le prostitute sono migliorate negli anni. Sono più giovani adesso, più belle e più pulite.”

La prostituzione ha a che vedere con una necessità incontrollabile degli uomini
• “Non vorrei vederla abolita. È un servizio che uso.”
• “È un intrattenimento garantito. Ti godi le cose specifiche che ti piacciono. Puoi svuotarti le palle e sentirti completamente soddisfatto.”
• Compratore di sesso di Londra: “Se non mi fosse possibile fare sesso con una prostituta e fossi frustrato, potrebbe capitarmi di uscire e assalire una donna vera”.

Cosa dicono delle donne
• “Una prostituta è come la valvola di una pentola a pressione.”
• “Paghi per la comodità, un po’ come per i gabinetti pubblici.”
• “È solo un lavoro, perché dovrebbero pensare diversamente? Non hanno sensi di colpa. All’inizio provano delle emozioni, ma poi diventa una routine, dopo un po’ certe emozioni spariscono.”
• “Sono ragazze che nessun altro vuole sposare, dunque fanno sesso come lavoro. Nessuno vuole che la propria moglie sia una prostituta.”
• “Uso quelle che ho addestrato io stesso.”

Normalizzazione/atteggiamento pro-legalizzazione
• “In fin dei conti, sei arrapato, stanco di masturbarti, dunque cos’altro puoi fare?”
• “È come farsi un bel pranzetto.”
• “Sono stato anni senza una compagna fissa: per me ha significato non dover entrare in un mondo che non mi voleva. Quando penso alla benzina e alle scarpe dei bambini che ho permesso di comprare… Non dico che sono esattamente un filantropo, ma certo ho fatto la differenza.”
• “Forse se gli uomini potessero averla [la prostituzione] come servizio sanitario pubblico se sono disabili, questo potrebbe prevenire gli stupri.”

Deterrente/ambivalenza
• A proposito della sua peggiore esperienza di sesso a pagamento: “Ragazza con un gran brutto carattere, barriera linguistica [era del Sud-est asiatico], era obbligata a farlo, era meccanica, fare sesso con lei è stato frustrante. Cose così ti lasciano il senso di aver sprecato denaro. È in questi casi che ti senti in colpa.”
• “Hanno scelto di fare quello che fanno per guadagnare e devono accettare quel che viene: il buono, il cattivo, il brutto.”
• “A proposito dell’assassino seriale di Ipswich: “Provo una sorta di compassione per i parenti delle prostitute uccise. Ma se giochi a un certo gioco devi accettarne le conseguenze. La penso davvero così.”

Misoginia
• “Ha solo a che fare con quel momento di piacere. Che lei mi piacesse non era rilevante per l’esperienza.”
• “Io raggiungo la soddisfazione sessuale in cambio dei miei soldi. Se lei non la raggiunge, a me non importa.”
• “Se lei non piange ma dice ‘no’, io continuo. Mi fermo solo se si mette a piangere sul serio.”
• “Chiamiamo due ragazze e facciamo a gara per vedere chi di noi è il migliore. Chiediamo alle ragazze di darci un voto per la nostra prestazione sessuale, ce le facciamo individualmente e poi ce le scambiamo, e alla fine vediamo chi ha preso il punteggio più alto.”
• “Sono un male necessario.”
• “Provo rabbia nei miei confronti per dover andare e spendere soldi, e verso mia moglie perché mi ci fa andare.” (Parole di un utilizzatore che si definisce “dipendente da sesso” e la cui moglie non vuole fare sesso quanto lui.)
• “Ho visto papponi con le prostitute che urlavano. Ho visto ragazze venire trascinate dentro gli appartamenti. Voglio che le persone con cui ho a che fare non siano coinvolte in affari sordidi.”
• “Se vai da quella sbagliata, è come andare all’obitorio, ti trovi davanti solo un pezzo di carne.”

La prostituzione fa diminuire gli stupri e la violenza sessuale
• “La prostituzione non dovrebbe essere abolita. Previene gli stupri e dovrebbe essere regolamentata.”
• “Se le donne sapessero soddisfare completamente mariti e fidanzati gli uomini non andrebbero con le prostitute.”

Tutte le relazioni sono forme di prostituzione
• “Non c’è bisogno di abolire la prostituzione. Ogni donna è una prostituta. Prima di andare a letto con una donna la porti fuori a cena e a bere, prima che venga a letto con te devi comprarle dei regali. Quindi per farci del sesso alla fine devi spendere soldi per lei.”
• “Effettivamente è più economico andare a prostitute che con una donna normale.”
• “È semplicemente sesso a pagamento. Vai da una donna che è molto provocante, mentre una donna normale non lo è mai quanto una prostituta. Sarebbe sbagliato.”
• “Le donne vogliono fare quel lavoro e gli uomini vogliono comprarle, ognuno ha il suo ruolo.” (Cap. 5, pp. 174-177 )

Mercato libero?

Ho incontrato Nicky ad Auckland, in Nuova Zelanda, nel 2016. Le ho chiesto se i compratori fossero diventati meno violenti dopo la decriminalizzazione: No. Di recente sono stata stuprata con una bottiglia. Non mi era mai capitato prima. Mi hanno infilato dentro una bottiglia e l’hanno rotta. Il giorno dopo mi sono trovata a raccontarlo all’Esercito della Salvezza. Poi ho telefonato a un’amica e le ho detto: “Sono stata stuprata”. Ho cominciato a piangere: adesso un poliziotto mi chiederà: “Quanto era grande la bottiglia? Di che colore era?”. Non importa di che colore era la bottiglia… era una bottiglia ed era dentro di me. Sono stata minacciata, mi hanno detto di andarmene dalla strada. Portavo sempre con me un’arma, infilata dentro un cappotto nero lungo. Poi ho comprato una pistola giocattolo che sembrava vera. Poi ho pensato, no, perché i maiali avranno la meglio, che sia una pistola di plastica oppure no. Poi mi sono messa un cacciavite nel reggiseno, e ora è diventato semplicemente: chi se ne fotte. Sabrinna Valisce, che è stata prostituita in Australia e in Nuova Zelanda sia prima sia dopo la regolamentazione e decriminalizzazione, mi dice che, contrariamente alle promesse della lobby pro-prostituzione, la violenza dei compratori di sesso è aumentata in Nuova Zelanda dopo il cambio legislativo nel 2003. Dice Sabrinna: “

Nel 2003 la violenza da parte della polizia è finita da un giorno all’altro con la decriminalizzazione, dunque da questo punto di vista è stato un bene, ma i clienti… nello spazio di un anno i compratori sono diventati più violenti e le loro aspettative sono aumentate. Pensavano di poter fare tutto quello che volevano, pensavano di avere comprato il tuo corpo. Non mi era mai capitato che uno mi dicesse: ‘Ho pagato per il tuo corpo e posso fare quello che mi pare’ prima della decriminalizzazione.” Nel mercato del sesso spesso le bambine subiscono violenze che cambiano la loro vita. Gli uomini che comprano sesso potrebbero faticare non poco a illudersi di pensare che una ragazzina o un ragazzino che se ne sta in piedi a un angolo di strada in cerca di “affari” stia compiendo una qualche forma di scelta, o che si tratta di qualcosa che lei o lui è felice di fare. Di tutte le donne con cui ho parlato che sono state prostituite da bambine, solo una sopravvissuta mi ha detto che una volta un compratore, rendendosi conto che era al di sotto dell’età del consenso (16 anni, nel suo paese), l’aveva risparmiata.

Ne’cole Daniels aveva 15 anni ed era stata messa sulla strada da un amico di famiglia. Mi racconta un episodio di violenza che su di lei ha avuto un effetto profondo: Si accosta un uomo in una bella macchina, ha l’aria di avere soldi. Dunque salgo e quando arriviamo a casa ce ne sono altri tre. Erano tutti neri [Daniels è afro-americana]. Si sono approfittati di me. Non importava che io fossi come una bambina di due anni. Hanno violato tutto il mio corpo. Sono stata sodomizzata. Mi sentivo male e lui cercava di infilarmi il pene in bocca. Io pensavo solo: “Dio, fa’ in fretta, prometto che non lo farò più, basta che facciano presto e finisca, che possa andarmene da qui.” Sono stata trattata peggio di un animale. Mentre ero ad Auckland ho incontrato Lisa, che se ne stava in strada in attesa di un compratore, seduta accanto al suo deambulatore. Aveva circa 50 anni ed era diventata disabile in seguito a una vita nella prostituzione. Le ho chiesto se la sua vita era migliorata dopo la decriminalizzazione, mi ha risposto di no perché, nella sua esperienza, gli uomini che la pagano si sentono in diritto di fare tutto quello che vogliono, come comprassero un hamburger. “L’unico vero aiuto per me sarebbe una via d’uscita” ha detto. (Cap. 5 pp. 184-185)

Julie in Italia

Napoli – lunedì 4 marzo, ore 17 Sala Consiliare della Città Metropolitana, via Santa Maria la Nova 44
Roma – martedì 5 marzo, ore 17 Casa delle Letterature, Piazza dell’Orologio 3
Milano – mercoledì 6 marzo, ore 18.30 LECTIO MAGISTRALIS: Sex work. È un lavoro? Fondazione Feltrinelli, viale Pasubio 5 nell’ambito delle iniziative di BookLab e in avvicinamento all’Otto marzo, con un percorso di riflessione su donne, diritti, disuguaglianze di genere, attivismo e inchieste che culmina il giorno successivo con l’incontro We, Women, Storie dal mondo al femminile.
Torino – giovedì 7 marzo, ore 10 Campus Luigi Einaudi, Lungo Dora Siena 100
Rimini – venerdì 8 marzo, ore 15 Teatro degli Atti, via Cairoli 32
Milano – sabato 9 marzo, ore 18 Libreria delle Donne, via Calvi 29

Julie Bindel e l’inchiesta contro la favola di Pretty Woman
Julie Bindel, militante, giornalista, fondatrice dell’associazione Justice for Women
Julie Bindel, militante, giornalista, fondatrice dell’associazione Justice for Women

Le interviste raccolte ne Il mito Pretty Woman rivelano le bugie di una mitologia tesa a truccare gli interessi di un’attività criminale fra le più redditizie a livello globale. Come evidenzia Julie Bindel, il commercio sessuale risulta ormai comunemente accettato, a partire dalla ricorrente affermazione che “la prostituzione è necessaria, inevitabile e innocua”. Oggi più che mai è necessario promuovere una campagna contro la normalizzazione dello sfruttamento, della proprietà di bordelli e dell’acquisto di sesso. Tradotto da Resistenza femminista, che da anni dà voce alle sopravvissute alla prostituzione lottando contro l’industria del commercio sessuale, il volume raccoglie 250 interviste che Julie Bindel ha realizzato visitando bordelli legali, conoscendo ‘papponi’, pornografi e sopravvissute alla prostituzione, incontrando femministe abolizioniste, attivisti pro-sex work, poliziotti, uomini di governo e uomini che “vanno a puttane”, con l’obiettivo di sfatare il falso mito del sex work: la prostituzione non è un lavoro ma un abuso a pagamento.
Il commercio internazionale del sesso è al centro di uno dei dibattiti più accesi a livello mondiale, non solo fra le femministe e gli attivisti per i diritti umani.

Oggi le donne che hanno vissuto la violenza della prostituzione hanno preso la parola contro la favola di Pretty Woman, la “puttana felice”, dando vita a un movimento globale che sta portando avanti una battaglia a favore del Modello nordico, l’unico modello legislativo che protegge i diritti umani delle persone prostituite. Una battaglia che ha come maggiore antagonista la potente e ben finanziata lobby pro-prostituzione, costituita principalmente da proprietari di bordello, agenzie di escort e compratori di sesso, il cui intento è ridurre la prostituzione a un “lavoro come un altro”, occultando la violenza subita dalla donna e trasformando gli sfruttatori in imprenditori, allo scopo di decriminalizzare l’industria del sesso e proteggere il “diritto” dei compratori ad abusare dei corpi delle donne.

Basti pensare – sottolinea Bindel nell’introduzione – a come per dare un “aspetto pulito e rispettabile” al commercio sessuale sia cambiato il linguaggio che lo descrive, per cui i papponi sono diventati “manager”, le donne prostitute “sex workers” e lo stupro “un rischio del mestiere”.