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Davvero si può essere prostitute per scelta?


di Laura Badaracchi (Donna Moderna, 10 aprile 2019) – foto di Lindsay Irene


– «La prostituzione è sempre abuso a pagamento, mai un lavoro. È un modo per dare un’apparenza rispettabile al commercio sessuale: nei paesi in cui il fenomeno è regolamentato i “papponi” sono diventati manager e le donne “sexworker”».

INCHIESTA – DAVVERO SI PUÒ ESSERE PROSTITUTE PER SCELTA?

Negli ultimi 6 mesi gli annunci delle sex worker sono aumentati del 24%. Un trend, in crescita già da anni, che ha spostato l’offerta di sesso dalla strada al web. Ma capire se dietro a questo business ci siano escort “libere” o sfruttate è difficile. Come denunciano le associazioni e un’attivista che ha indagato sul mercato delle Pretty Woman

IL PROGETTO FOTOGRAFICO

Le immagini di questo servizio fanno parte del progetto della fotografa canadese Lindsay Irene, intitolato “The sex workers”. «Volevo cambiare la percezione con cui le persone vedano le prostitute» dice Lindsay. «Ho viaggiato un anno per il Canada e ho fotografato diverse lavoratrici del sesso nella loro quotidianità. Molte di loro vivono nello stigma sociale, hanno perso figli e famiglie. Le mostro per quello che sono: persone come noi».

Secondo un’indagine EscortAdvisor.com (uno dei portali di recensioni di escort più frequentati), negli ultimi 6 mesi gli annunci di incontri sessuali pubblicati sul web sono aumentati del 24%. La ricerca rileva anche che in 10 anni il numero di donne che praticano il sesso a pagamento sulle strade è drasticamente calato: nel 2009 la percentuale di prostitute che esercitava all’aperto era l’8o% del totale, si è passati al 40% nel 2019. Le sex worker sembrano dunque aver scoperto il web e luoghi di lavoro più casalinghi (il Codacons ne segnala circa 18.000). Per Mike Marra, fondatore del sito EscortAdvisor.com che richiede alle iscritte i documenti per verificarne l’identità, «lavorare attraverso la Rete offre minori spazi per la criminalità e maggiore sicurezza». Un’affermazione, però, che non convince. Soprattutto chi da anni si occupa di proteggere le schiave del sesso.

«È difficile capire se dietro l’annuncio di una escort ci sia uno sfruttatore». Tiziana Bianchini è responsabile dell’Area “immigrazione e tratta degli esseri umani” presso la cooperativa Lotta contro l’emarginazione, che dal 2017 collabora a una mappatura nazionale della prostituzione di strada insieme al Cnca (Coordinamento nazionale comunità di accoglienza), alla Piattaforma nazionale Antitratta e al Numero verde antitratta 800290290. Oltre 60 unità di strada in tutta Italia, nello stesso giorno, monitorano sul campo le presenze di persone che si prostituiscono. «Secondo l’ultima indagine del novembre 2018, in seguito al calo degli sbarchi di migranti le nigeriane sono diminuite al 31% e aumentano le donne dell’Est, in particolare romene e albanesi» spiega Bianchini. «Quindi non possiamo parlare di calo complessivo, ma di una riduzione motivata dalle scelte politiche». E riguardo alla prostituzione in casa, che sarebbe più “sicura” e tutelata rispetto a quella in strada, Bianchini è categorica: «Per le donne si riducono ancora di più ai minimi termini le possibilità di contatti sociali esterni e quindi di chiedere aiuto. Abbiamo provato a valutare gli annunci di sesso online, scoprendo in alcuni casi che a diversi numeri di telefono corrisponde sempre la stessa persona. Difficilissimo capire se dietro la escort ci sia uno sfruttatore».

«È un’illusione tentare di regolamentare al chiuso il fenomeno per ridurre quello della strada». Lo scenario descritto dai dati e da Tiziana Bianchini fa da sfondo al dibattito che si è riaperto nel nostro Paese sulle case chiuse, dopo che il mese scorso la Corte costituzionale ha riaffermato la legittimità della legge firmata nel 1958 da Lina Merlin. Questione sollevata dalla Corte d’appello di Bari, secondo la quale la prostituzione sarebbe “un’espressione della libertà sessuale tutelata dalla Costituzione”, e quindi punire intermediatori e clienti equivarrebbe a compromettere l’esercizio di questo diritto, oltre a privare della libertà di iniziativa economica la prostituta. «La senatrice Merlin aveva escluso di considerare la vendita di prestazioni sessuali come un lavoro, e aveva rubricato come crimine ogni attività volta a favorire e sfruttare questo commercio» fa nota-re l’avvocato Grazia Villa, fra le autrici del volume Né sesso né lavoro. Politiche sulla prostituzione (VandA.ePublishing). «Nelle ultime 2 legislature sono stati presentati 22 progetti di legge in materia: in alcuni si chiede la depenalizzazione, in altri vengono ipotizzate norme e sanzioni per i clienti. Ma è un’illusione tentare di regolamentare al chiuso il fenomeno per ridurlo sulle strade: lo dicono i fatti in Germania e Olanda, dove la normativa ha scatenato un boom esponenziale della domanda ma meno di un quarto delle donne che si vendono legalmente è iscritta al sindacato e gode di tutele».

«Non c’è “glamour” per le ragazze che offrono sesso, solo danno». A demolire l’idea della liberalizzazione delle sex workers contribuisce anche l’inchiesta condotta in 40 Paesi dalla giornalista Julie Bindel, autrice del libro Il mito Pretty Woman. Come la lobby dell’industria del sesso ci spaccia la prostituzione (Morellini editore). Secondo Bindel, una donna non può mai dirsi libera di svendere il proprio corpo: «Si tratta sempre di abuso a pagamento, mai di lavoro. Considero la prostituzione un modo per dare un’apparenza rispettabile al commercio sessuale: nei Paesi in cui il fenomeno è regolamentato i “papponi” sono diventati manager e le donne “sexworker”. I bordelli legali presenti in Germania, Olanda e Australia arricchiscono lobby potenti e moltiplicano i compratori di sesso». Invece in Paesi come Svezia, Norvegia, Canada, Corea del Sud, Irlanda e Francia «la legge criminalizza la domanda di sesso commerciale ma non chi vende sesso, per frenare la richiesta. Nel 2014 il Parlamento europeo e il Consiglio d’Europa hanno approvato le raccomandazioni per implementare questo modello come il modo migliore per affrontare la prostituzione». Secondo Bindel la lotta per l’abolizione di questo mercato è parte di un movimento più ampio contro la violenza di genere: «Non c’è “glamour” per le donne che offrono sesso, solo danno. Tutte le prostituite sopravvissute che ho incontrato sono state vittimizzate da trafficanti, sfruttatori, compratori. Nessuno dovrebbe essere pagato per dare accesso al proprio corpo».

I NUMERI

3,6 miliardi Il giro d’affari annuo della prostituzione in Italia.

90.000 Le prostitute donne, uomini o transessuali, in crescita del 28% nel periodo 2007-2014.

3 milioni I clienti delle sex worker in Italia.

Fonte: Codacons